Il Camorrista
I Film di Video Calabria Stasera alle 22.10
Il Camorrista: Questa sera alle 22.10 – Un gangster-movie del 1986 diretto da Giuseppe Tornatore, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Marrazzo. Con Ben Gazzara nel ruolo de ‘O Professore ‘e Vesuviano e Leo Gullotta nel ruolo del Commissario Iervolino.
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Un boss camorrista fa visita ad alcuni contadini e prende con sé un bambino, al quale mette una pistola nei pantaloni. I due vanno ad una fiera di paese, dove, nonostante la presenza della polizia, il bambino passa senza problemi. Superati i controlli, l’uomo prende la pistola ed uccide una persona, per poi riporre la pistola da dove l’aveva presa. Il bambino poi torna a casa.
Anni dopo, il bambino, ormai adulto, in macchina con la sorella Rosaria e l’amico Ciro Parrella, si ferma per un problema davanti ad un bar. Un ragazzo tocca il sedere alla sorella del protagonista, il quale, arrabbiato, lo uccide sbattendogli la testa sul cofano dell’automobile. L’uomo, che di lì a poco sarà conosciuto come ‘O Professore ‘e Vesuviano[2], viene arrestato.
In prigione il Professore fa subito amicizia con i carcerati, e ritrova una sua vecchia conoscenza, Alfredo Canale. Decide di diventare il capo dei carcerati a causa dell’arroganza di Don Antonio “Malacarne”, boss del carcere. Fa amicizia anche con Domenico Spina, un calabrese esponente della ‘Ndrangheta, scoprendo poco dopo, come egli sia in realtà un traditore al soldo di Malacarne. Il professore sfida a duello Malacarne, ma nello stesso giorno a quest’ultimo viene concessa la grazia, e quindi non si presenta.
Comunque il Professore riesce lo stesso ad ottenere autorità sugli altri detenuti e, poco tempo dopo, dà ad Alfredo Canale – che nel frattempo è uscito dal carcere – l’ordine di uccidere il rivale in un agguato e prima di ucciderlo, Alfredo uccide i suoi assistenti (scagnozzi di Spina) e poi Malacarne.
Il giorno dopo, viene decisa anche la condanna per Domenico Spina; mentre gli viene concesso lo svago in cortile insieme ad altri carcerati, un detenuto lo sorpassa cantando, venendo raggiunto da due carcerati, che scusandosi per l’assenza del professore gli mostrano la mano del defunto Malacarne e estraendo due coltellini lo uccidono, mentre tutti i carcerati presenti si sono voltati consapevoli di cosa sta per accadere (metodo della cosiddetta cultura dell’omertà).
Intanto, provocata dagli uomini del nuovo boss, nel penitenziario scoppia una rivolta, che la polizia e il direttore non riescono a sedare. Lo stesso direttore, non avendo alternative, si vede letteralmente costretto a chiedere aiuto allo stesso Professore, che accetta e seda la rivolta ottenendo in cambio una notte in libertà, durante la quale egli va a trovare la sorella e gli amici. Fuori dal penitenziario, grazie alla sorella e ad alcuni uomini di fiducia, riesce ad organizzare i commercianti ed i criminali della città sotto un unico tetto, la Nuova Camorra Riformata.
Ottenuta l’infermità mentale, il camorrista viene trasferito nel manicomio criminale di Aversa, dal quale però evade. La sua latitanza dura circa un anno, durante il quale gestisce al meglio la sua organizzazione, ottenendo persino contatti con Cosa nostra americana, che diventerà grande alleata. Quando tutto sembra andare per il meglio, comincia la caduta: alcuni clan, non d’accordo con la politica accentratrice della Nuova Camorra Riformata, si ribellano formando un loro cartello, iniziando così una durissima faida che provoca centinaia di morti ammazzati; sulle tracce del boss si mette inoltre anche il commissario di polizia Iervolino.
Una sera, durante la quale il Professore si intrattiene a cena con alcuni politici, alcuni scissionisti decidono di ucciderlo. Alfredo Canale, anch’egli presente alla cena per fargli da scorta, se ne avvede e decide di fermare l’attacco: ne deriva un inseguimento in auto nel quale viene fermato dalla polizia. Messo alle strette, è costretto a rivelare a Iervolino dove si nasconde il boss per farlo arrestare a sua volta ed impedirne così che venga assassinato dagli scissionisti che si erano appostati sotto casa.
Tuttavia, questa decisione gli sarà fatale: arrestato anche lui, verrà poi barbaramente ucciso in carcere dai sicari del Professore, che pur avendo avuta salva la vita, considererà il suo gesto come un vero e proprio sgarro se non addirittura un tradimento (uno dei sicari, dopo averlo ucciso, gli cava persino gli occhi dalle orbite). Durante il processo che lo vede imputato, il boss, con molta superbia, non fa che prendersi gioco della giuria e del giudice, arrivando addirittura a paragonarsi a Gesù.
Dopo ciò durante il suo trasferimento, gli si avvicina la vedova di Canale, la quale mentre vede che il Professore sorride e saluta il figlioletto, gli sputa al finestrino, rendendo la cosa poco piacevole al Professore.
Mentre il Professore viene trasferito, due uomini in moto, si avvicinano alla vedova, sparandola, mentre il Professore guarda indifferente e il bambino si copre le orecchie per il gran baccano delle armi, ma resta illeso, poco tempo più tardi nel suo nuovo libro, il Professore gli dedica una frase, nel quale vorrebbe che il bambino crescesse sano e forte, dimenticandosi di tutti per una vita migliore.
Fa successivamente uccidere tutti i detenuti suoi nemici durante il terremoto dell’Irpinia del 1980. In seguito a questi avvenimenti, viene trasferito in un nuovo carcere, dove si sposa e continua a gestire la propria organizzazione non senza far assassinare, fra i tanti suoi nemici, anche un faccendiere, Frank Titas, boss della malavita milanese fino a poco tempo prima suo alleato, il cui assassino, Gaetano Zarra, dopo averlo letteralmente squartato, infierisce sul suo cadavere divorandone il cuore. Su pressione di alcuni personaggi appartenente alla politica, contatta le Brigate Rosse, che hanno rapito l’assessore Mimmo Mesillo, e ne ottiene la liberazione.
Gli stessi politici, però, non mantengono successivamente le promesse fattegli nel corso delle trattative: lui cerca di vendicarsi rendendo pubblico un documento contraffatto nel quale denuncia le illecite trattative intercorse tra lui, i servizi segreti e i politici dell’area di governo per far liberare Mesillo, ma inutilmente; contestualmente, il pentimento di alcuni dei suoi uomini fa sì che la situazione del professore peggiori velocemente, e viene quindi trasferito in un carcere di massima sicurezza in Sardegna, in totale isolamento, dove poi si vedono i primi segnali del suo conseguente squilibrio mentale.
Dopo una visita al fratello, Rosaria fa una visita a Ciro, che da come si vede è in compagnia e dopo una chiacchierata, Rosaria chiede un bacio da Ciro, che gli viene concesso.
Poco dopo Ciro esce e sale sulla sua auto con una bomba installata facendolo esplodere agli occhi di Rosaria e dell’amante, la quale poi viene poi sciolta nell’acido su ordine di Rosaria che reputa ella una scomoda testimone. Il film si conclude con l’inquadratura in campo lungo del boss che va avanti e indietro per un angusto corridoio del carcere mentre egli medita ad alta voce sui suoi ferocissimi propositi di vendetta.